LOVE: Cc’amì fa?

LOVE: Cc’amì fa?

DUNQUE, CC’AMì FA?

CHE COSA DOBBIAMO FARE?

L’espressione “Cc’amì fa?” è una forma abbreviata e dialettale che si trova in alcune aree del sud Italia, per chiedere “Che cosa dobbiamo fare?”, spesso usata in contesti in cui qualcuno chiede un suggerimento o una soluzione, soprattutto in situazioni di incertezza o difficoltà.

Siamo a Cosenza Vecchia dove incontrare personaggi interessanti può essere all’ordine del giorno. E cosa si deve fare in questi casi se non scattare qualche foto?

Come è già ben noto, la streetphotography è un po’ come rubare: si tratta di catturare momenti, spesso senza il consenso degli interessati, ma facendolo rigorosamente con amore, attenzione e soprattutto rispetto. E cosa dire, se non amore, quando lo scatto è invece pienamente consensuale?

L’amore per la fotografia, così come l’amore in senso lato, è sempre una questione legata al tempo: sapere cosa fare quando arriva il momento giusto. Prendere o lasciare?

C’amì fa, dunque, se non scattare una foto quando vale la pena farlo?

Che cazzo ti guardi?

Che cazzo ti guardi?

STREETPHOTOGRAPHY: ELOGIO AL COLPO DI FULMINE

LA STREETPHOTOGRAPHY E LE DINAMICHE DELL’IMPREVISTO

La streetphotography è una disciplina che vive dell’imprevisto, dell’intuizione rapida e dell’occhio allenato. È un colpo di fulmine visivo: davanti a una scena, chi fotografa avverte qualcosa di irresistibile che lo spinge a immortalare quel momento, come se l’immagine già esistesse e chiedesse solo di essere colta.

Pensiamo a una signora con un ombrello rosso rotto e un maglione bucato, che incrocia lo sguardo di un passante curioso. Lei ricambia con un’espressione eloquente, quasi a dire: “Che cazzo ti guardi?”. È una scena perfetta, che racconta la vita urbana nella sua autenticità più cruda e bizzarra. In questi casi, il fotografo non si limita a osservare, ma interpreta e racconta, diventando parte invisibile di una narrazione visiva.

QUANDO LO SGUARDO DEL SOGGETTO SI RIVOLGE AL FOTOGRAFO

Tuttavia, non è raro che il soggetto della foto, accorgendosi della presenza dell’obiettivo, diriga il proprio disappunto direttamente verso il fotografo. Un gesto di fastidio, uno sguardo interrogativo o addirittura una richiesta esplicita: “Cancella quella foto”. Questo ribalta i ruoli: il fotografo, osservatore discreto, diventa il fulcro dell’attenzione, creando una tensione che fa parte dell’essenza stessa della streetphotography.

Questa tensione solleva questioni di rispetto e responsabilità. La streetphotography, infatti, non è solo la cattura del momento perfetto, ma anche un esercizio di empatia: immortalare persone e situazioni senza violare la loro dignità. Essere invisibili non significa ignorare l’etica.

LA PREPARAZIONE ALL’IMPREVISTO

La chiave per affrontare questi momenti sta nella capacità di anticipare. Il fotografo deve operare in maniera previsionale, osservando il contesto con attenzione per cogliere non solo la scena, ma anche le possibili reazioni. Lo scatto non nasce solo dall’istinto, ma dalla comprensione profonda del luogo e delle persone.

Anticipare, tuttavia, non significa evitare l’imprevisto, bensì accoglierlo. È il segreto della streetphotography: l’arte di lasciarsi sorprendere dal mondo e, al tempo stesso, di prevedere l’attimo in cui tutto si allinea per creare l’immagine perfetta.

IL COLPO DI FULMINE E IL RISPETTO PER IL QUOTIDIANO

La streetphotography è innamorarsi di ciò che accade per caso, anche quando non è perfetto. L’ombrello rotto, il maglione bucato, l’espressione di disappunto: sono dettagli che raccontano storie, che ci ricordano la bellezza dell’imperfezione. Ma questo colpo di fulmine deve sempre essere accompagnato da una profonda consapevolezza.

Ogni immagine catturata è un frammento della vita altrui, e il fotografo ha il compito di raccontarlo con rispetto e sensibilità. La magia della streetphotography sta qui, in questa tensione tra l’atto di “rubare” e quello di celebrare. Un’arte fatta di istanti, intuizioni e, talvolta, di sguardi che non dimenticheremo mai.